martedì 11 dicembre 2012

IN ARRIVO A COLONNA LA CENTRALE ELETTRICA (gemella di Albano) CHE BRUCERA' OLIO VEGETALE NELLA VALLE DELLE ECCELLENZE D.O.C. E SPUNTA UN GIALLO (di Elena Taglieri)

Non sembra minimamente arrestarsi la corsa frenetica all'ottenimento delle autorizzazioni per costruire centrali elettriche alimentate a biomassa liquida di olio vegetale (!) nella provincia di Roma e non solo.
Come nel caso di Albano, anche per Colonna, in via dei Pratoni Parti Comuni snc, è prevista la costruzione di un impianto che brucerà olio per produrre 820 Kwe di energia, praticamente più potente e di portata quasi tripla rispetto all'altro 'gemello' castellano. Ma perché definirli gemelli? Perché trattasi di progetti presentati nello stesso giorno (il 21 luglio 2011) da due Società proponenti le quali, sebbene siano diverse nel nominativo della ragione sociale (EDOVIT srl per Colonna e POWER OIL SYSTEM per Albano) in realtà si legge che hanno come referente legale il medesimo sig. Fabio D'Offizi.
Così come per quelli di Albano, anche i cittadini di Colonna, per questo Natale, troveranno sotto l'albero la 'sorpresa' che il Comune ha donato loro (naturalmente a loro insaputa) e senza la possibilità di rientrare nei tempi richiesti per un ricorso al TAR (60 gg) o al Capo dello Stato (120gg) dalla data di autorizzazione dell'impianto (19 aprile 2012), come si evince dalla medesima Determina Dirigenziale n.1973, giacché i termini risultano oramai emblematicamente scaduti da ben 8 mesi.
Secondo il Piano Territoriale Paesaggistico della Regione Lazio, l' area di via dei Pratoni Parti Comuni, destinata alla costruenda centrale elettrica alimentata ad olio,“ risulta ricadere nel Paesaggio Agrario di Valore” e “considerata di notevole interesse pubblico in quanto definita beni di insieme, vaste località con valore estetico tradizionale e bellezze panoramiche”, secondo quanto recita l'art.136 del D.lgs 42/04.
(Clicca sull'immagine per ingrandire)

Il Comune di Colonna, che ha partecipato a varie conferenze dei servizi prima dell'autorizzazione definitiva, si è semplicemente limitato a pronunciare un parere favorevole esclusivamente per il solo “impatto acustico dell'impianto”. Niente, quindi, a tutela del patrimonio agroalimentare locale, nonché della salute dei cittadini.
Ancora una volta assistiamo al folle paradosso di voler favorire iniziative private avallate da istituzioni pubbliche in nome di una (forse voluta) errata disinformazione del termine 'fonte rinnovabile', ben sapendo che l'olio combusto non è assolutamente eco-compatibile né rinnovabile, in totale contrasto e violazione della nostra Costituzione, in special modo dell'art.41.
Come in tutte le autorizzazioni di impianti a biomassa, classica è apparsa la clausola che si legge sulla Determinazione dirigenziale sia per le immissioni in atmosfera dei fumi che per le esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici:” ...pertanto la società Edovit srl si assume la piena responsabilità per quanto riguarda i diritti dei terzi o gli eventuali danni comunque causati dalla costruzione delle opere in questione, sollevando questa Amministrazione da qualsiasi pretesa o molestia da parte di terzi che si ritenessero danneggiati”.
Insomma, giusto per ammettere che non si sta parlando di un enorme alambicco che distilla petali di fiori, ma in fondo di una centrale che poi tanto innocua non è.
Giusto per 'rassicurare' i cittadini di Colonna, Montecompatri, Monte Porzio Catone, Rocca Priora, Frascati, Zagarolo, San Cesareo, Palestrina, compresa la periferia sud di Roma (Casilina e borgate adiacenti) che fra qualche anno, potranno eventualmente rivalersi sulla soc. Edovit srl,, sempre che nel frattempo esista ancora o non sia mutato il nome della ragione sociale. Già, perchè nella Determinazione Dirigenziale viene richiesto obbligatoriamente che “...Edovit srl. deve comunicare al servizio Tutela Aria ed Energia della Provincia di Roma eventuali modifiche alla struttura societaria ed in particolare del nominativo del legale rappresentante..”.
E qui spunta un giallo. Nei progetti delle centrali elettriche ad olio per Colonna e Albano, entrambi presentati in data 21 luglio 2011, la Provincia di Roma ravvisa come Amministratore unico con rappresentanza legale la sig. Barbara Caraccini per Edovit srl ma anche il sig. Fabio D'Offizi sempre per Edovit srl (nonché per Power oil System srl ).
Ma alla fine chi c'è in via dei Pratoni Parti Comuni snc ? Molto semplicemente: la TLC Italia S.p.A., quale società di servizi per conto terzi di telemarketing e teleselling (praticamente un call-center con cospicuo numero di lavoratori in sede); un Bar Gastronomia Fredda interno alla TLC , di cui è legale rappresentante la sig. ra Barbara Caraccini.
Eppoi c'è la sede della ETIKA SOLAR s.pa., del cui staff fa parte sempre la sig. ra Barbara Caraccini (in qualità di Amministratore unico). ETIKA SOLAR è una società di impianti fotovoltaici che sul proprio sito internet presenta la propria filosofia, obiettivi e 'mission' con queste testuali parole: “ Ecco un'azienda con una missione ben precisa: aiutare tutti ad investire i propri soldi sul futuro del pianeta. E da questi investimenti ottenere un reddito molto interessante ma soprattutto pulito. Insomma guardatevi attorno: bot, cct, borsa, immobili, terreni, sono investimenti del passato, rischiosi e poco redditizi. Il fotovoltaico mette tutti d'accordo: è gradito all'ambiente (…) Mettiamo la sensibilità verso la crescente necessità di energia pulita, il profondo rispetto per l'ambiente e la consapevolezza delle potenzialità dell'energia solare (…) E' impensabile continuare a soffocare il nostro pianeta con residui di lavorazione del petrolio ed ammorbare l'aria per produrre energia. La soluzione è sulle nostre teste: il sole può aiutarci a salvare il pianeta contribuendo a produrre sempre più energia a costi irrisori e senza inquinare. (…) Eticasolar è nata per questo e per ricercare nuove soluzioni per lo sfruttamento di quell'immensa fonte di energia pulita che la natura ci ha regalato..”.
Ma allora è veramente impensabile ed incompatibile il sentire parlare di fotovoltaico, di pianeta pulito senza inquinamento, da parte di una Società (con sede in via Pratoni delle Parti Comuni ) il cui amministratore unico (Barbara Caraccini) è anche amministratore unico di un'altra Società (Edovit), con sede in via dei Pratoni delle Parti Comuni, che chiede autorizzazione alla Provincia di Roma per costruire una centrale elettrica che deve bruciare olio vegetale per produrre energia!
E c'è anche una piccola curiosità. Quella di una Ordinanza Comunale del 24 novembre 2011, nella quale il Sindaco di Colonna Augusto Cappellini “...considerato che l’esito delle analisi per il Bar interno alla Soc. TLC Italia spa sita in via dei PratoniParti Comuni è risultato NON CONFORME ai seguenti valori di parametro: a. ARSENICO: 24 microgrammi/L (valore limite 10 microgrammi/L) superiore ai limiti fissati dal D.Lgs. 31-2001 e s.m.i.; ordina l’immediato divieto di uso per il consumo umano compreso l’uso come ingrediente nella preparazione di alimenti e bevande delle acque”. Peccato che tanta solerzia dal parte del Primo Cittadino di Colonna si sia limitata al (giusto) allarme per l'arsenico presente in via dei Pratoni delle Parti Comuni nel bar della sig. Barbara Caraccini, e non si sia invece esteso anche al progetto di un bruciatore d'olio nella stessa via e proposto da una società con amministratore unico sig.ra Barbara Caraccini.
Il tutto con buona pace dei vigneti D.O.C della zona, primi fra tutti quelli del tanto sudato Consorzio per la Tutela del Frascati. 
                                                                                        (elena.taglieri@gmail.com)

(Articolo pubblicato l '11 dicembre 2012 su "ECO16 -Castelli Romani" consultabile al sito:)

martedì 20 novembre 2012

'I.D.I.' E 'SAN CARLO di NANCY': CITTADINANZA, LAVORATORI E PAZIENTI ALL'OSCURO DI PROSPETTIVE POCO 'LUMINOSE' ' (di Elena Taglieri)

Chissà se il comparto lavoratori e pazienti degli Ospedali 'S.CARLO di NANCY' e 'I.D.I' è a conoscenza delle due Determinazioni Dirigenziali (la n°62 del 06.06.2007 e la n°2665/2008 del 14.04.2008), rilasciate a poca distanza tra loro, nelle quali la Provincia di Roma ha autorizzato la costruzione di due centrali termoelettriche, alimentate ad olio vegetale ed altro combustibile, ciascuna rispettivamente nei suddetti Ospedali, dietro progetto presentato dalla società DELTA PETROLI S.P.A in accordo con la 'Provincia Italiana della Congregazione dei Figli dell'Immacolata', proprietaria dei siti nei quali sono ubicati gli Istituti di cura.

Probabilmente non lo sapranno neppure i residenti dei quartieri nei quali si trovano questi importanti ospedali.
Ma andiamo con ordine.

SAN CARLO DI NANCY: in data 22 gennaio 2007 la società DELTA PETROLI S.P.A (nella persona del Presidente del C.d.A. Umberto Morpurgo) ha presentato alla Provincia si Roma, ai sensi del D.Lgs 387/03, domanda di autorizzazione “per la costruzione ed esercizio dell'impianto di cogenerazione per la produzione di energia elettrica e termica alimentato prevalentemente da fonte rinnovabile (olio vegetale) ed in ausilio da fonte tradizionale denominato 'San Carlo di Nancy', sito nel Comune di Roma in via Aurelia 275 -000165, di potenza complessiva di 2 Mwe (di cui 1, 52 alimentato da fonte rinnovabile (olio vegetale) nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione ed esercizio dell'impianto stesso”.

A riguardo è stata convocata una Conferenza dei Servizi per l'esame del progetto, indirizzata a tutti gli Enti e servizi interessati, nello specifico:

- Agenzia delle Dogane- Ufficio Tecnico delle Finanze di Roma;

- Comune di Roma, Dip. IX;

- Comune di Roma, Dip. XII;

- Provincia di Roma, Tutela dell'aria-Ufficio Emissioni in atmosfera;

- ACEA Distribuzione S.p.A.;

- Rappresentante Legale Ospedale San Carlo di Nancy;

La Conferenza dei Servizi si è quindi tenuta il giorno 07 marzo 2007 presso la Sede Provinciale di Roma in via Tiburtina 691, in occasione della quale, come si evince dal verbale della stessa. “i nulla osta pervenuti ed i pareri espressi si intendono acquisiti al fine del rilascio dell'autorizzazione alla costruzione dell'opera in oggetto”.

Parere favorevole è stato espresso dall'Agenzia delle Dogane - U.T..F. di Roma, dal Comune di Roma- Dipartimento X (Politiche Ambientali ed Agricole U.O. Sviluppo Sostenibile), da ACEA Distribuzione S.P.A. e in ultimo proprio dalla Provincia di Roma- Dip. IV- Servizio 3- Tutela Aria ed Energia.

Successivamente, in data 09.01.2009 con un'ulteriore Determinazione Dirigenziale (n. 12/2009) è stata rilasciata autorizzazione per una variante prevista in corso d'opera.





I.D.I: in data 17 novembre 2007 la società DELTA PETROLI S.P.A (sempre a nome del presidente Morpurgo e sempre ai sensi del D.Lgs 387/03) ha presentato alla Provincia di Roma una richiesta di autorizzazione “per la costruzione ed esercizio di un impianto di cogenerazione per la produzione di energia elettrica e termica alimentato prevalentemente da fonte rinnovabile (olio vegetale) ed in ausilio da fonte tradizionale, denominato 'IDI' presso l'Istituto Dermopatico dell'Immacolata Concezione, sito nel Comune di Roma in via Monti di Creta 104 -000167, di potenza complessiva di 2,4 Mwe (di cui 1, 9 alimentato ad olio e 0,520 a gas metano) nonché delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione ed esercizio dell'impianto stesso.”. Di seguito è stata convocata una Conferenza dei Servizi per l'esame del progetto, indirizzata a tutti gli Enti e Servizi interessati, e cioè:

- Regione Lazio, Dipartimento del territorio Area conservazione Qualità dell'Ambiente;

- Regione Lazio, Dipartimento Istituzionale Direzione Regionale Attività della presidenza Area

Produzione Energia;

- Agenzia delle Dogane – Ufficio Tecnico delle Finanze di Roma;

- Comune di Roma, Dip. X;

- Comune di Roma, Dip. IX;

- Comune di Roma, Dip. XII;

- ACEA Distribuzione S.p.A. ;

- Rappresentante della Ditta DELTA PETROLI S.p.A.;

La Conferenza dei Servizi si è poi svolta il giorno 13 febbraio 2008 presso la Sede Provinciale di Roma in via Tiburtina 691, in occasione della quale, anche in questo caso, dal verbale della stessa “risulta che i nulla osta pervenuti ed i pareri espressi si intendono acquisiti al fine del rilascio dell'autorizzazione alla costruzione dell'opera in oggetto”. Consenso favorevole è stato espresso dalla Agenzia delle Dogane - U.T.F. Di Roma, dai Dipartimenti X e IX del Comune di Roma, da ACEA Distribuzione S.P.A, dal Comando Provinciale VVFF di Roma, e in ultimo dalla medesima Provincia di Roma, con eccezione del Dipartimento XII del Comune di Roma, per il quale tale progetto risultava “non di competenza”.

In entrambe le suddette autorizzazioni risultano ripetute alcune precise dichiarazioni, ad esempio, che tutte le Amministrazioni ed Enti convocati alle Conferenze dei Servizi “non hanno comunicato il proprio motivato dissenso alla costruzione degli elettrodotti in questione”; la società DELTA PETROLI S.p.A. comunica di possedere “un contratto in essere con la Provincia Italiana della Congregazione dei Figli dell'Immacolata, comprovante l'utilizzo delle aree interessate dagli impianti, a titolo gratuito” e si “assume la piena responsabilità per quanto riguarda i diritti dei terzi o gli eventuali danni comunque causati dalla costruzione di opere in questione, sollevando questa Amministrazione da qualsiasi pretesa o molestia da parte di terzi che si ritenessero danneggiati”. Vengono poi citate le prescrizioni della Legge-quadro sulla protezione dalle esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici.

In pratica si prende atto che gli impianti non siano poi così 'innocui' e, nella peggiore delle ipotesi, in caso di contenzioso gli Enti possono rimanere tranquilli, un po' alla 'Ponzio Pilato' (che a suo tempo gli scrupoli se li era comunque fatti). Ma si sa che le patologie da inquinanti non sono fulminee come un raffreddore, ma impiegano anni e nel frattempo le società possono anche cambiare nome, i propri stessi rappresentanti, e pure sottoporsi ad un lifting commerciale e fiscale per poi rinascere dalle ceneri di una precedente ragione sociale che di fatto risulta inesistente a tutti gli effetti (burocratico, legale, etc. etc.).

Quello che poi risulta più allarmante si legge nelle citazioni ribadite in ambedue le Determinazioni Dirigenziali, nelle quali la Provincia di Roma non soltanto afferma che ai sensi del Decreto Legislativo 387/03 “ la presente autorizzazione ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, urgenza, ed indifferibilità dei lavori “, ma anche che “...con proprio provvedimento potrà protrarre i tempi di validità previsti, su motivata e valida richiesta della Delta Petroli S.p.a, presentata entro i 24 mesi dal rilascio dell'autorizzazione”.

Infine, viene stabilito che l'inizio dei lavori di entrambe le centrali elettriche ” dovrà avvenire entro e non oltre i 24 mesi dal rilascio dell'autorizzazione e terminare nei 36 mesi successivi”. Dunque, a conti fatti, in un arco di cinque anni che sta quasi per scadere. O forse per cominciare. 
 

Tutto questo allora spiegherebbe come mai i lavoratori degli Ospedali 'I.D.I.' e 'San Carlo di Nancy' non percepiscono più lo stipendio da mesi, vivono stremati ed angosciati con lo spettro sempre più vicino e minaccioso del licenziamento da parte di due Strutture Sanitarie di eccellenza nazionale (ed internazionale) che, dietro un imminente presunta dichiarazione di fallimento, sono comunque in procinto di instaurare una partnership economico-affaristica. Queste centrali elettriche che produrrebbero 'luce' in realtà sono 'ecomostri' che simbolicamente fanno calare il buio più nero nelle prospettive di vita dei lavoratori e degli stessi pazienti, in questo modo traditi e offesi nella propria dignità.

E tutto questo con il benestare di un Comune che vieta la circolazione dei mezzi di trasporto al di sotto della fascia 'euro 4' perché inquinano, che indice le domeniche 'ecologiche' tutti a piedi o in bicicletta, che impone i giorni con le targhe alterne, che crede di risolvere il problema del traffico con il rispetto della Ztl e quello dello smog con i cosiddetti ' orti urbani'. E così pure con il benestare di una Provincia che si preoccupa molto del 'bollino blu' delle autovetture o della revisione annuale obbligatoria delle caldaie domestiche.

Istituzioni, queste, che invece poi permettono a quartieri densamente popolati come quelli nei quali si trovano l'IDI' ed il 'San Carlo di Nancy' (con abbondanza di scuole, abitazioni, case di cura, luoghi di culto, negozi, uffici, studi) di essere silenziosamente e costantemente invasi da emissioni tossiche e cancerogene derivanti dalla combustione di olio vegetale e metano.Violentando oltretutto, come in questo caso, la struttura stessa dei due ospedali che perderebbero la loro funzione principale di essere luogo di cura e salute col rischio paradossale di divenire invece fonte di malattie e morte ad orologeria.

Già, poiché vengono spacciate per fonti rinnovabili quelle materie ritenute già prima e anche dopo come rifiuti 'speciali', avvalendosi della grande truffa dei CIP6 e cosiddetti 'certificati verdi'.

E con estrema disinvoltura, in una sfrenata corsa contro il tempo, sono stati autorizzati di recente nel territorio del Comune di Roma e non solo altri bruciatori di olio e metano, di olio e gasolio, di biogas, di biomasse. Ma questa è un'altra storia.


                                                                                 (elena.taglieri@gmail.com)

(Articolo pubblicato il 20 novembre 2012 su "Eco16- Castelli Romani")






(questo articolo è stato pubblicato su "ECO16 Castelli Romani" e consultabile alla pagina web:
http://ecodiariccia.blogspot.it/2012/11/idi-e-san-carlo-di-nancy-cittadinanza.html
e presente sul n.33 di 'ECO16',  scaricabile dal sito:
http://ecodiariccia.blogspot.it/2012/11/eco-16-n-33-del-24-novembre-2012.html  )

martedì 6 novembre 2012

ALBANO: PER IL COMUNE LA QUESTIONE RIFIUTI E' “ARIA FRITTA” (di Elena Taglieri)

(Centrale elettrica alimentata ad olio vegetale e diesel)
Con Determinazione Dirigenziale n.3698 del 4 giugno 2012, la Provincia di Roma ha autorizzato la costruzione di un impianto che brucerà oli esausti vegetali (denominati 'fonti rinnovabile biomassa liquida') quale fonte di alimentazione per produrre energia elettrica, da realizzarsi nel comune di Albano Laziale, in via Cancelliera 14/ B 0041.
Un impianto di potenza pari a 350 Kwe, costituito da un gruppo elettrogeno da 0,350 Mwe in esercizio continuo, composto da 2 bancate a V da 6 cilindri, ognuna con ciclo Diesel a quattro tempi, iniezione diretta a turbine con intercooler. Per le fasi di avviamento/spegnimento del motore è previsto un serbatoio di gasolio ausiliario da 5000 litri, adiacente a quello dell'olio vegetale. E nel documento si parla chiaramente di “concentrazioni degli ossidi di azoto e polveri prodotte nella combustione”.
Nonostante l'assordante (voluto) silenzio della Amministrazione Comunale, alcuni cittadini sono riusciti a sapere questa notizia, purtroppo in ritardo, poiché a quanto pare sarebbero ormai scaduti i termini per intraprendere un' azione legale come previsto da normale prassi. Difatti, secondo quanto si legge alla fine della Determinazione firmata dal Dirigente Dr. Antonio Capitani, “Avverso la presente autorizzazione è ammesso ricorso giurisdizionale al T.A.R. Competente o, in alternativa, ricorso straordinario al Capo dello Stato, nel termine rispettivamente di sessanta e centoventi giorni dalla pubblicazione all'Albo Pretorio della Provincia di Roma del presente provvedimento”.Inoltre viene sottolineato che “ai sensi del Decreto Legislativo 387/03 la presente autorizzazione ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.
E allora perché da giugno a oggi, sul portale del sito del Comune di Albano non sono stati pubblicati avvisi, news, ordinanze da parte del Comune riguardo questa autorizzazione?
Qualcuno però lo scorso 20 ottobre, in occasione del corteo cittadino contro l'inceneritore di Roncigliano, ha pensato di chiederlo allo stesso Nicola Marini, Sindaco di Albano nonché Farmacista di Cecchina, E cosi il Primo Cittadino, intervistato, alla domanda su come mai i cittadini non ne sapessero nulla e come mai sia stata presa una decisione senza che fosse passata al vaglio del Consiglio Comunale, ha così risposto: Non c'era la necessità di passare per il Consiglio Comunale. Intanto è un progetto portato avanti dalla Provincia di Roma a cui il Comune di Albano è stato invitato semplicemente come Ente territoriale competente. Noi dovevamo esprimere un parere esclusivamente sulla regolarità urbanistica. Siccome è un impianto in zona industriale, non c'era nessun motivo per potersi opporre. Non c'erano motivazioni amministrative per poter dire di no. C'è stata la richiesta di un impianto industriale in zona industriale. Di conseguenza non si poteva non prendere atto di quanto richiesto dalla Provincia sull'impianto che, comunque, in base alle attuali normative, è a impatto zero, in quanto comunque di fatto è assimilabile all'utilizzo di energie rinnovabili”.
Parole sconcertanti, declamate con disinvolta freddezza da chi, proprio in virtù della carica di sindaco, rappresenta la prima autorità sanitaria del territorio e proprio per questo ha il dovere legale di tutelare territorio e cittadinanza.
Intanto va ricordato che è scientificamente dimostrata la tossicità di una tecnologia che prevede la combustione di oli, e nello specifico in questione, trattandosi di oli esausti, essi rientrano nella categoria dei rifiuti (in questo caso anche 'speciali',) per cui verrebbero 'smaltiti' come nel caso dell'incenerimento.
Poi però il sindaco Marini, con annessa Giunta, parte della quale sembrerebbe all'oscuro di tutto, è anche colui che invita tutta la cittadinanza di Albano al corteo del 20 ottobre con lo slogan 'No all'inceneritore - Si alla salute'.
Ci sono comunque altre importanti inesattezze da contestare al Dott. Marini, in base alle sue dichiarazioni.
In primo luogo, il sito dove sorgerebbe la centrale elettrica non è il polo industriale di Malagrotta, ma una zona nella quale sono presenti, oltre piccole e medie imprese, soprattutto supermercati,
pizzerie, bar, centri commerciali, uffici, studi, abitazioni, luoghi di culto, case di riposo per anziani (!), scuole, più tutta quella gente che quotidianamente vi si reca dall'esterno. Di conseguenza il termine 'industriale' non comporta necessariamente la presenza di camini, ciminiere e fumi, ma può prevedere stabilimenti e magazzini senza emissioni.
Ma anche se si fosse in presenza di industrie inquinanti, il buon senso dell'amministrazione comunale, in virtù del 'principio di precauzione' eviterebbe di aumentare un ulteriore stato di punto di criticità dei fumi ed il conseguente sforamento di esso.
In secondo luogo, trattasi di un progetto imprenditoriale di carattere economico-commerciale di privati tra privati (Società Agricola Olearia Archinà srl, Gains srl, Power Oil Sytstem srl, Parc04 srl) presentato ad un Ente pubblico (la Provincia di Roma) che a sua volta lo ha presentato al Comune (Albano Laziale) nel quale risiede la proprietà privata degli impresari proponenti.
Va da sé che un'Amministrazione Comunale, secondo quanto previsto dalla normale procedura della legislazione vigente (sostenibilità ambientale, certificati antimafia, valutazione epidemiologica delle Asl di competenza, ecc.) ha il diritto-dovere di accertarsi sui contenuti degli obiettivi economico-commerciali di terzi che vorrebbero operare sul territorio, con le relative ricadute economico-commerciali, sanitarie e ambientali.
In terzo luogo, come si legge nella Determinazione dirigenziale, già da novembre 2011 c'è stato un fitto carteggio tra Enti proponenti l'impianto e la Giunta Comunale, con tanto di Conferenza dei Servizi finale tenutasi il 22 maggio 2012 a Roma, nella quale, come si legge dal verbale, l'Ufficio Ambiente e l'Ufficio Tecnico del Comune di Albano Laziale hanno rilasciato parere favorevole dal punto di vista ambientale, urbanistico e edilizio, e “trascorso il termine stabilito per l'adozione della decisione conclusiva,non hanno comunicato il proprio motivato dissenso alla costruzione dell'impianto in questione”.
Un sindaco che qualche mese prima e qualche mese dopo il 4 giugno 2012 declama sul sito web di Albano e sul mensile “AlbanoIn Comune” tutte le 'grandi iniziative' per la zona di Cancelliera: dalla riqualificazione dei Fontanili, all'apertura di una nuova farmacia, al patrocinio per la “1 ^ sagra della Bruschetta”, fino al progetto di costruzione del nuovo cimitero (!).
Ricordo ancora la copertina del mensile 'Albano In Comune' del numero di dicembre, sulla quale campeggiava un grande albero di Natale con appesi i soliti progetti promessi anche in campagna elettorale, con tanto di auguri e firma del sindaco Marini a tutta la cittadinanza.(e nessuno si sarebbe immaginato il 'regalo' del bruciatore di olio esausto..)
Ricordo anche la copertina di 'Albano In Comune' del mese di luglio, sulla quale lo stesso sindaco ritornava ad augurarci buone vacanze, con i soliti messaggi di speranza per un futuro tutto da riprenderci (con un bruciatore di olio esausto ...).
Il tutto nascondendoci appunto la prospettiva di questo nuovo Ecomostro, e il tutto alla faccia di quanto approvato in consiglio comunale e cioè dell'ultimo 'gioiello' amministrativo di Albano, il cosiddetto”Regolamento di partecipazione” di cui Marini ha declamato l'importanza fondamentale in quanto “finalmente rende concreta e reale la partecipazione dei cittadini nel processo amministrativo, nella direzione della trasparenza e della condivisione” e che invitando i cittadini a conservarne copia “...perchè un domani abbiate lo strumento adeguato per essere parte attiva della vita democratica”.
                                                                                    (elena.taglieri@gmail.com)

(questo articolo è stato pubblicato sul numero di Novembre 2012 de "IL CORRIERE TUSCOLANO")


martedì 4 settembre 2012

L' INSOSTENIBILE PESANTEZZA DELL' AVERE: LA “SINDROME DEL CRICETO” E “IL PAESE DEL DRAGONE ROSSO” (di Elena Taglieri)

C'è sono due grossi ostacoli che ritardano ed impediscono la raccolta differenziata, auspicando la costruzione di inceneritori e discariche come soluzione definitiva al problema rifiuti: la quantità e la qualità delle cose di cui ci circondiamo.
La filosofia dell'' usa e getta', quella del prodotto economico, se fino a poco tempo fa costituiva una comoda pigrizia, ora, in tempo di crisi, licenziamenti e precariato, di spending review, diventa quasi un'esigenza di sopravvivenza. Ed anche in situazioni di oculato controllo delle spese e dei bilanci personali difficilmente si rinuncia al superfluo.
E' la nostra abitudine ad acquistare spesso cose inutili, è questa “Sindrome del Criceto” (il grazioso roditore che ama riempirsi le guance di scorte alimentari) che, anche quando maschera compensazioni di tipo psicologico, ci porta a far provviste di ogni genere, bombardati come siamo da volantini pubblicitari delle offerte. Il buonsenso ci fa cogliere al volo le occasioni per far quadrare il bilancio domestico, ma è anche vero che molto dell'approviggionamento alimentare finisce inevitabilmente nella pattumiera perchè scade. Questo lo sanno le industrie e lo sanno i supermercati, che con la loro strategia economica nell'essere in continua competizione fra loro, snelliscono le loro giacenze di magazzino altrimenti perse con gravi ripercussioni sugli utili.
Ma a noi consumatori piace comunque questo frenetico sport delle promozioni '3x2' e 'tutto a 1 euro', spiluccando i vari centri commerciali come l'ape di fiore in fiore.
Altro discorso, invece, riguarda gli oggetti che acquistiamo: accessori vari, elettronica di consumo, mobili, tutto ciò che poi sembra 'magicamente' malfunzionare proprio quando termina il periodo della garanzia...Ripararli costa più del ricomprarli; mancano gli artigiani e, laddove esistono, la loro manodopera supera giustamente il costo del prodotto nuovo di zecca, e quindi tranquillamente scegliamo le offerte del 'sottocosto' dell'ultimo depliant arrivatoci nella cassetta postale.
Già, perchè esiste una sottile equazione secondo cui chi produce deve vendere, ma non beni durevoli, altrimenti nessuno comprerebbe più con sistematica e prevedibile frequenza, col rischio di un conseguente accumulo della sovraproduzione. Per questo motivo c'e' la gara sfrontata del miglior offerente e la gimcana sfrenata di noi consumatori in continuo affanno.
L'accaparramento di oggetti dovuto all'economicità del prodotto esiste anche e soprattutto perchè la filiera industriale italiana è pressocchè scarsa e carente, a differenza della realtà produttiva che ci proviene dal Paese del Dragone Rosso.
Con il conseguente fenomeno che si sta allargando anche nel territorio dei Castelli Romani, dapprima a macchia di leopardo, progressivamente a macchia d'olio: la crescita esponenziale di negozi cinesi che, per un curioso algoritmo spuntano come funghi ed aprono alla chiusura di precedenti esercizi commerciali nostrani i quali, un po' per difficoltà a sostenere spese e tasse, un po'in vista del guadagno immediato, si affrettano a vender e licenze e locali agli orientali, con lo stesso entusiasmo di fronte ad una schedina del 'gratta e vinci', senza considerare che questo tipo di svendita è una perdita nazionale e locale, che silenziosamente diventa una sorta di conquista straniera territoriale ed economica, lenta e senza l'uso ed il bisogno delle armi.
E non ci viene di aiuto neppure la politica, giacchè abbiamo assistito già nei precedenti governi degli ultimi vent'anni al consolidamento di patti commerciali e delocalizzazione import-export con il paese del Dragone Rosso, e ancor di più di recente con l' ultimo viaggio del Presidente del Consiglio Monti in Cina, finalizzato proprio al rafforzamento di un ulteriore partenariato economico-commerciale.
E se il problema 'quantità' è comunque rilevante ai fini di una corretta gestione dei rifiuti (quanto compriamo ma anche quanto inutili e troppi siano gli imballaggi dei prodotti) più fondamentale ancora è la qualità di ciò che acquistiamo, nel momento in cui andrebbe e dovrebbe virtuosamente essere eliminato.
La merce ''Made in China', tutta rigorosamente low cost, è in realtà uno specchietto per le allodole sprovvedute che stentano a riconoscere la verità insita nel proverbiale detto :“tanto costa, tanto vale”. Così gli abiti a prezzo 'stracciato' poi diventano veri e propri 'straccetti' dopo qualche lavaggio. Ma siccome costano poco (e sono alla moda), vengono facilmente buttati e rimpiazzati da altrettanto abbigliamento quasi sempre sintetico.
Idem dicasi per tutti gli altri oggetti che si rivelano mal rifiniti, difettosi e di materiale dubbio: mollette del bucato che si sbriciolano, pennarelli secchi e scoloriti, cacciaviti che si piegano come fossero di burro, ombrelli tascabili che si spezzano persino al soffio dello scirocco, penne che non scrivono, quaderni ruvidi, grembiuli da cucina, tovaglie e presine in PVC (!) facilmente infiammabili, bigiotteria verniciata e con presenza di nickel; eppoi scarpe, borse, abiti e biancheria intima al 95% di poliestere ed altre sigle praticamente derivanti dal petrolio, ed ancora, oggettistica di plastica grezza e puzzolente, oggetti di vetro con alta percentuale di piombo. L'elenco potrebbe continuare a lungo. Praticamente nulla che una volta eliminato possa essere riciclabile!
Da non dimenticare poi le notizie quasi quotidiane su Tv e giornali che ci raccontano di tonnellate di merce contraffatta, sequestrata dalle Forze dell'Ordine, pronta ad essere venduta sulle bancarelle abusive (ed evasive!) nonché a riempire gli scaffali dei negozi del Dragone Rosso, dove abitualmente crediamo di risparmiare: ulteriore quantità abnorme e qualità zero sommergono i vari tipi dei nostri cassonetti 
La caratteristica di questi prodotti, tra cui giocattoli e cosmetici, è quella di essere tossici: dal materiale stesso che li costituisce, ai coloranti. Quante volte, per esempio, abbiamo risciaquato una t-shirt senza ottenere un'acqua completamente limpida? E ci pensiamo che questa tinta (tossica) va ad intasare il depuratore di zona, creando pericolosi liquami di dubbia natura ?
Il grande problema del ciclo rifiuti e della raccolta differenziata sta soprattutto nella qualità del materiale di cui sono costituiti, per cui qualora non potesse essere riciclabile non diverrà mai preziosa risorsa, ma qualcosa da dover distruggere per quello che è, cioè verrà smaltito: in gergo tecnico lo 'smaltimento' sta a intendere il diretto conferimento in discarica o nell'inceneritore.
E se non cambieranno le condizioni politiche per fermare questo fenomeno di selvaggio libero mercato di colonizzazione economica orientale ci ritroveremo (oltrechè poveri) con la triste eredità di notevoli ripercussioni sul versante ambiente e sanità: inutile, infatti, parlar tanto di biologico, ecologico, sostenibile, rinnovabile, quamdo poi squallidamente saremo sommersi da ciarpame di oggetti ibridi, tossici, contaminati e dalle loro esalazioni.
Se la volontà di (non) risolvere il problema rifiuti senza discariche ed inceneritori soprattutto nel territorio dei Castelli Romani è direttamente proporzionale alle sciagurate scelte economico-politiche di questo tipo di globalizzazione, sta a noi consumatori italiani e castellani esigere il 'made in Italy' e “rispedire al mittente” tutto ciò che non concorre alla ecosostenibilità igienico-sanitaria del territorio.
Ma una cosa è certa: la Terra non potrà più tollerare i veleni che noi stessi produciamo e rammentiamo una volta per tutte che su questo pianeta noi abitiamo in affitto.
                                                                                                      (elena.taglieri@gmail.com)


(questo articolo è stato pubblicato su  ECO16 n.31 del 10 settembre 2012)

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sabato 5 maggio 2012

LE CONTRADDIZIONI DI UNA REGIONE A 'KM. ZERO' (di Elena Taglieri)

(clicca sull'immagine per ingrandirla)
Era il 28 gennaio 2011 quando la Giunta della Regione Lazio ha approvato la proposta di legge regionale “Norme per promuovere il consumo di prodotti a chilometro zero”, tanto da essere decantata per voce della stessa Presidente Renata Polverini il 5 febbraio 2011 al Circo Massimo, in occasione dell'iniziativa 'Mercato di campagna Amica', presenti tra l'altro l'Assessore alle Politiche Agricole Angela Birindelli ed il Presidente della Coldiretti-Lazio, Massimo Gargano.

La nostra Governatrice ha tenuto a precisare con vanto che questa “legge per i prodotti a km. zero, insieme a quella sulla Tracciabilità dei prodotti e del Made in Lazio sicuramente metterà sul mercato prodotti genuini e tradizioni espressive del nostro territorio”, sottolineando la propria missione politica di rinnovamento del settore, secondo quanto da ella dichiarato: Come istituzione regionale ho il dovere di sostenere, promuovere ed incentivare questo settore, peraltro richiamando alla certezza che “infatti questa legge riporta l'agricoltura e il Lazio al centro dell'economia del nostro Paese.

Altro progetto, in via sperimentale,che avrebbe visto luce a partire da questo 2012, è quello di servire piatti tipici romani nelle mense scolastiche della Capitale, e con la novità, secondo quanto affermato dall'Assessore alla scuola Gianluigi De Palo, che “alcuni prodotti Igp saranno requisiti obbligatori per il bando delle mense scolastiche”.

Così, sempre nel 2011, nell' ultimo mese dell'anno, all' Istituto Tecnico Agrario 'Garibaldi' di Roma, studenti, docenti e genitori hanno assaggiato piatti a base di abbacchio offerti da Coldiretti-Roma, proprio nell'ottica di salvaguardare la filiera agroalimentare del territorio regionale.

Per chi non lo sapesse, il termine 'Igp' sta per Identificazione geografica protetta, termine che certifica e tutela la provenienza, la lavorazione e la produzione alimentare, come dire che quel determinato prodotto deve essere originario solo e soltanto di un particolare e determinato distretto territoriale, ed ivi elaborato.

Nella nostra Regione, le filiere ortofrutticola, casearia, bovina, ovina, suina ed avicola, nonchè delle eccellenze enogastronomiche tipiche, si condensano prevalentemente nel quadrante compreso tra l'Agro Romano e l'Agro Pontino, di cui i Castelli Romani possono ben rappresentarne il 'cuore'.

Le produzioni vitivinicole ed olearie si sono guadagnate da tempo il marchio D.O.C. e D.O.P , arrivando in ultimo a conseguire l'ulteriore D.O.C.G. (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), come nel caso del “Frascati”.

Aumentano ogni anno premiazioni e riconoscimenti nelle edizioni di “Vinitaly”, con conseguente incremento delle esportazioni internazionali (non a caso Barack Obama predilige e preferisce i vini di Aprilia e di Nettuno). E di questa ampia zona laziale sono le colture vegetali per i principi attivi destinati al mercato sanitario erboristico, fitoterapico e farmaceutico.

Eppure assistiamo ad una posizione miope di certe dirigenze politiche che risulta incompatibile con la promozione ambientale che vanno tanto sbandierando: i progetti industriali energetici e di trattamento dei rifiuti, come nel caso della Turbogas di Aprilia (ahimè già in collaudo), dell' Inceneritore di Colleferro e di quello che vorrebbero costruire ad Albano, causerebbero nel nostro territorio la sommatoria degli effetti nocivi di questi impianti, considerando appunto che il raggio di azione di inceneritori e turbogas si estende per un 'area di 70 km di diametro (vedi grafico). Senza considerare quanto proposto dal Governo Monti in tema di politiche ambientali, per il quale si darebbe opportunità anche ai cementifici, tra l'altro abbondanti in tutta la regione, di poter bruciare rifiuti anche per soddisfare soluzioni di politiche energetiche.

E sempre per chi non lo sapesse, la Giunta Polverini ha ultimamente deciso di chiudere lo Sportello Agricolo di Zona dei Castelli Romani. A nulla sono valse le due lettere inviate, nello specifico quella del 17 ottobre 2011 all'Assessore Regionale all'Agricoltura Angela Birindelli e quella ultima del 1° marzo 2012 alla stessa Polverini, nelle quali i Sindaci di 12 comuni Castellani (Frascati, Albano, Ariccia, Castelgandolfo, Ciampino, Colonna, Grottaferrata, Marino, Montecompatri, Monte Porzio Catone, Rocca di Papa, Rocca Priora) hanno firmato e richiesto chiedere un incontro urgente con le autorità regionali per evitare questa chiusura e proporre alternative.

Ma intanto la Regione Lazio vorrebbe continuare a farsi bella con il suo portale 'Made in Lazio', incentivare il biologico nelle mense, ma allo stesso tempo scegliere siti per discariche alternative a Malagrotta in zone di eccellenza agroalimentare, offrendo un piano rifiuti stridente con la politica agricola dei ' Km.zero'.

Che forse di zero avrebbe solo la distanza dagli inquinanti.

                                                                                                      (elena.taglieri@gmail.com)

(Articolo pubblicato su "ECO16-Castelli Romani" del 5 maggio 2012)