lunedì 4 novembre 2013

IL CORTEO CONTRO DISCARICA E INCENERITORE COME LA 'SAGRA DEL FAGIOLO'? NO, GRAZIE! (di Elena Taglieri)

Un intervento durante il corteo, tra Albano e Ariccia-(clicca per ingrandire)

Ancora un altro corteo, quello svoltosi il 26 ottobre 2013 ad Albano Laziale, per continuare a dire No all'inceneritore e soprattutto alla discarica di Roncigliano. Uno dei tanti, il 13° per la precisione. Meno affluenza del solito rispetto ai precedenti. Tappa finale piazza della Corte ad Ariccia, con finale quasi scontato degli interventi di alcuni esponenti del Coordinamento No-INC. Del 'padrone di casa' (leggi il sindaco Emilio Cianfanelli) nessuna traccia. Nessun altro sindaco presente, né di Genzano, né di Nemi, Lanuvio, Castel Gandolfo, Rocca di Papa, tanto per citare alcuni comuni nei quali la raccolta differenziata vera porta-a-porta non esiste (mentre ad Albano è iniziata in alcuni quartieri) e che invece conferiscono i propri rifiuti nella discarica albanense. Qualcuno di loro o qualche loro vice e portavoce, c'era all'inizio del corteo, e con fascia tricolore, giusto per le riprese tv e per distinguersi dagli altri cittadini. Ma questo non è bastato, come d'altronde non serve la vetrina mediatica per l'occasione e poi perdersi tra la folla o guardare l'orologio e puntualmente congedarsi per impegni di protocollo, come se questo del corteo non fosse un 'impegno', preso prima di tutto nei confronti dei propri elettori, ma soprattutto un dovere morale verso coloro che abitano a Villaggio Ardeatino, proprio in zona discarica di Roncigliano.

E se al corteo la gente non è stata numerosa lo dobbiamo anche a loro, e a tutto il polverone sollevato a seguito della notizia sul 'blitz' di alcuni cittadini del Villaggio Ardeatino che, con molti del No-Inc, si sono recati la sera di venerdi 26 settembre sotto casa del sindaco Nicola Marini di Albano perchè esasperati dal puzzo insopportabile proveniente dalla discarica e perdurante da mesi. Imprevista iniziativa popolare, questa, che ha suscitato l'indignazione di molta cittadinanza (perfino di oppositori politici) e di conseguenza la solidarietà e la vicinanza al Primo Cittadino proprio da parte dei suoi colleghi di Bacino. Il lenzuolo apparso nei giorni di maggiori miasmi (vedi foto) è stato appeso ad un cancello del Villaggio e riporta la scritta “Sindaco vergogna...lasciateci respirare”, indirizzato chiaramente a Marini. 
Il lenzuolo-striscione appeso ad un cancello di Villaggio Ardeatino  
(clicca sulla foto per ingrandire)
 Il fatto che non vi sia stato apposto il suo cognome lo fa sembrare un gesto di accusa come se egli fosse l'unico responsabile, lasciato invece 'con il cerino in mano', laddove nessuno degli altri sindaci castellani, primo fra tutti quello di Ardea (al cui comune appartiene proprio il Villaggio Ardeatino), si è mai preso la briga di riunirsi con urgenza, tempestività e straordinarietà per risolvere il problema, neppure in prima persona, ma delegando la questione ad un semplice atto 'ad adjuvandum' presentato assieme ai ricorsi e alle battaglie legali portate avanti finora dal Coordinamento No-Inc. 

Il lenzuolo-striscione è apparso dal 24 settembre, a seguito dell'esasperazione dovuta alle continue esalazioni putride provenienti dalla discarica (clicca sulla foto per ingrandire)
 La posizione del sindaco di Albano in tutta questa annosa vicenda sembra assomigliare sempre di più a quella dell'unico intestatario registrato in un contratto di locazione per un appartamento abitato da diversi inquilini, quello che di solito in questo esempio del settore immobiliare, indirettamente ed inevitabilmente si fa garante anche per oneri e doveri degli altri. L'allegoria è in questo caso riferita alla discarica di Roncigliano, simbolico 'appartamento' utilizzato dagli 'inquilini' sindaci e allora ben venga non specificare nessun cognome in particolare sul lenzuolo di protesta: se ne potrebbero aggiungere tranquillamente tutti di tutti i sindaci che utilizzano disinvoltamente la discarica (compresi i comuni di Ciampino, Fiumicino e lo Stato Vaticano). Ciò che occorre da tempo è agire con tutta l'emergenza per un'emergenza pari a quella di un terremoto. Non sappiamo infatti quali misteri accolga quel sito contaminato oramai da trent'anni.

Troppo facile, troppo comodo vedere riproposto a cadenza quasi matematica l'appuntamento per un corteo organizzato dai soli pochi cittadini impegnati contro le devastazioni ambientali, con il rischio, alla fine, di ritenerlo quasi un evento ovvio, magari anche 'storico', se non addirittura folcloristico. Il corteo contro discarica e inceneritore non deve diventare come una 'Sagra del Fagiolo'.


                                                                                                   
                                                                                                                  (elena.taglieri@gmail.com)




(Questo articolo è stato pubblicato su "Il Giornale del Lazio" -uscita del 7 novembre 2013-
ed è scaricabile dal seguente link:

 http://issuu.com/smoothejazz/docs/articolo_su_corteo_del_26_ottobre_2


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lunedì 21 ottobre 2013

E'ORA DI CAMBIARE ARIA: LA 'BICICLETTATA' RONCIGLIANO-FALCOGNANA PER DIRE NO A DISCARICHE ED INCENERITORI. FUORI I PROFITTI DAI NOSTRI TERRITORI (di Elena Taglieri)


La partenza da Villaggio Ardeatino .Sullo sfondo, la collinetta artificiale del7°invaso della discarica di Roncigliano  (Clicca  per ingrandirla)

 Otto chilometri all'andata ed altrettanti al ritorno quelli percorsi da coraggiosi ragazze e ragazzi dei Castelli e da molti pervenuti anche da Roma, tutti rigorosamente in bicicletta, nonostante le previsioni meteorologiche avverse. Partenza dalla discarica di Roncigliano (Cecchina) km. 24,500 fino alla discarica Ecofer di via Ardeatina km. 15,300, per un 'occupazione seppure 'itinerante', ma comunque pacifica' della strada, quel tanto per sensibilizzare l'opinione pubblica e focalizzare l'attenzione degli automobilisti del pigro traffico quotidiano, con il più che deciso slogan “Nè discariche, né inceneritori: fuori i profitti dai nostri territori”. L'iniziativa, promossa da O.P.S. (Occupazioni Precari Studenti) di Albano-Genzano ha visto partecipare anche altre realtà che prendono a cuore le vertenze socio-territoriali (l'associazione 'A Sud', il Csoa 'La Strada', 'Communia', 'No-Muos S.Lorenzo') in sinergia con il Presidio No Discarica Divino Amore, che da mesi staziona h24 proprio di fronte alla Ecofer, dove si dovrebbero conferire i rifiuti di Roma, appena chiusa Malagrotta. E proprio qui, appena terminato il primo giro di andata della 'biciclettata', si è tenuta una assemblea in cui sono stati evidenziati alcuni punti essenziali di riflessione. In primis, il fatto che la discarica di Roncigliano, oltre ad accogliere quotidianamente 500 tonnellate di rifiuti capitolini per effetto del decreto Clini, continua ad inghiottire l'immondizia castellana, tra l'altro senza controlli sulla qualità di essa. Il secondo aspetto, fondamentale, è quello di trovarsi ambedue in un quadrante dell'Agro Romano, già industrialmente devastato, sul quale ricade l'ombra minacciosa di uno scenario 'post-atomico' se le cose continueranno ad andare come ora e come scritto su carta ministeriale e prefettizia, in nome di una virtuale emergenza rifiuti (ahimè) voluta da anni. Ma l'importanza del gemellaggio tra le varie associazioni e movimenti che hanno voluto questa giornata è stata quella di sottolineare sia la grave equazione che esiste tra ambiente e profitti, sia l'importanza di fare rete ed unirsi tutti, al di là del singolo territorio.
Verso Roncigliano           (clicca per ingrandire)

Come infatti ha giustamente affermato Alessandro Lepidini del 'Presidio No Discarica Divino Amore' “...non dobbiamo perdere di vista che il conflitto ambientale è il conflitto del futuro. Sul conflitto ambientale si decidono i poteri che decidono di sfruttare il Bene- Ambiente, il Bene Comune Ambiente, quindi il futuro” e che “...quando le comunità esprimono un dissenso quel dissenso va ascoltato, e se di fronte a scelte pubbliche ed istituzionali c'è una comunità in lotta vuol dire che quelle scelte non vanno bene”. Unione compatta dunque, contro ogni devastazione ambientale, perchè tra queste, come ha detto Giovanni portavoce di 'O.P.S'. (Occupazioni Precari Studenti) rientra “...anche la cementificazione ed insieme ad essa anche l'emergenza-casa, la vertenza per l'occupazione delle case, perchè cementificazione ed occupazione sono due temi molto collegati”. Già, perchè non basta solo inquinare, si può contribuire all'erosione del territorio anche con l'edilizia inutile e selvaggia, oltre quella industriale. 

 Presidio No Discarica Divino Amore, presso la discarica Ecofer di Falcognana
E come ha sottolineato Salvatore del C.s.o.a. 'La Strada' tutto questo
“...è un modo di colonizzare il territorio, in processi che interessano sempre la periferia, una 'periferia' non intesa in senso geografico, ma primariamente sociale. Ci viene rinfacciato di essere 'Nimby', di non volere discariche sui nostri territori: hanno deciso che i rifiuti di Malagrotta vanno smaltiti in provincia, a Roncigliano, a Castelforte e adesso a Cupinoro, vicino Bracciano. A me sembra che 'Nimby' sia l'Amministrazione Comunale di Roma che i rifiuti non li vuole smaltire a Roma ma che vanno sacrificate le comunità che sono in Provincia ”
 
Si riparte. Ritorno a Villaggio Ardeatino

Appuntamento, dunque, a sabato 9 novembre a Roma, Piazza Don Bosco, dalle 17 in poi. Stavolta ci saranno anche momenti di musica e ristoro gastronomico oltre a dibattiti di confronto per una sinergia fra tutte le associazioni ed i cittadini per continuare a cantare lo slogan di questa biciclettata : “Nè discariche, né inceneritori: fuori i profitti dai nostri territori”!
                                                                                                              (elena.taglieri@gmail.com)

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 (Questo articolo è stato pubblicato su "Il Giornale del Lazio" (uscita del 25 ottobre 2013)
  e scaricabile dal seguente link:

E'ora di cambiare aria: la biciclettata Roncigliano-Falcognana. No a discariche e inceneritori
                                                    
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Video della Biciclettata del 12 ottobre 2013:

martedì 24 settembre 2013

IL CASO FALCOGNANA TRA SACRO E PROFANO: OVVERO LA (MALA)GESTIONE DEI RIFIUTI DI ROMA PER IL DOPO-MALAGROTTA (CON PARCO) di Elena Taglieri

Settemila secondo la questura, ma almeno diecimila e forse più sono stati i partecipanti al grande corteo di sabato 21 settembre a Roma, con partenza da Piazza della Repubblica fino a Piazza S.S. Apostoli, in un percorso che si è snodato in maniera variopinta e felicemente 'chiassosa' (a suon di fischietti, trombette, simpatici slogan e balli carioca). 
Una manifestazione”Contro tutte le devastazioni ambientali”, che ha visto scendere in campo tante realtà locali (Coordinamento contro l'Inceneritore di Albano, Comitato di Difesa del Territorio Castelli Romani-Monti Prenestini, Rete per la Tutela della Valle del Sacco, Comitato Rfiuti Zero Fiumicino, Italia Nostra, Comitato Risanamento Ambientale Guidonia, Assemblea contro la cementificazione Marino, Assemblea Valle Galeria e Cerveteri, Csoa La strada, No Bretella Corridoio Roma- Latina), ma in testa soprattutto il neo-Presidio No Discarica al Divino Amore , quello che dal 30 luglio è in postazione fissa davanti alla discarica di rifiuti speciali gestita dalla soc. ECOFER al km.15,300 della via Ardeatina. 
Una discarica nella quale, secondo le disposizioni di Sottile (“un prefetto a riposo nominato ad hoc Commissario Straordinario per l'emergenza i rifiuti”), si vorrebbe conferire 300 tonnellate di rifiuti romani non appena verrà chiusa definitivamente, e senza proroga alcuna, la trentennale mega-discarica capitolina di Malagrotta. I cittadini residenti non ci stanno. La discarica della Falcognana (dal nome della località in cui risulta accatastata) lamentano soprattutto un problema di vicinanza alle loro case, scuole, aziende agricole, con tutte le conseguenze sanitarie ed ambientali prevedibili (come Campania docet), in quanto l'emergenza temporanea dei rifiuti di Roma non può essere risolta con soluzioni provvisorie, quasi sicuramente forse sulla carta, come in questo frangente.
Il sito scelto, dopo un vertice congiunto tra l'altro alla presenza del ministro Orlando e del presidente della regione Lazio Zingaretti, insiste su una porzione di territorio in cui già operano numerose attività agricole (agriturismi, fattorie che forniscono la Centrale del Latte di Roma, produttori vinicoli della D.O.C). Ma sorgono anche problematiche di tipo religioso, perchè qui ci troviamo a un paio di kilometri da Santuario della Madonna del Divino Amore, il che sarebbe una vera e propria follia se pensassimo ad un'iniziativa analoga in altri luoghi di culto come Lourdes, Medjougorje o Fatima. Siamo anche a 500 metri di distanza dall'Episcopato Nazionale della Chiesa Ortodossa Rumena e Moldava (considerato seconda realtà religiosa al livello nazionale). E non è poco. Di certo questo motivo ha portato in piazza molte persone, ma altrettante perchè i residenti hanno trovato un forte appoggio da parte di politici come Brunetta, che possiede la sua villa proprio qui ed è questo timore che lo ha portato a presentare numerose interrogazioni parlamentari su quello che dovrebbe essere il passaggio di camion da Roma alla discarica (12 al giorno). 
Come dire, una popolazione che ha 'qualche santo in paradiso' evidentemente non troppo disinteressato. Ma per fortuna sono anche molti gli abitanti che hanno voglia di portare avanti una battaglia senza ingerenze di partito, così primo fra tutti il rappresentante del Coordinamento No Discarica Alessandro Lepidini, che pure essendo Consigliere PD del IX Municipio nonché Presidente della Commissione Ambiente, ha abbracciato la mobilitazione in primis come cittadino. Il problema fondamentale, dunque, rimane la decisione delle 'alte sfere governative' (Governo, Regione, Comune) di decidere sulla pelle dei cittadini, senza calibrare l'impatto che un simile progetto avrebbe ed avrà su un territorio già compromesso da industrializzazione a forte carico di nocività, come ad esempio la vicina discarica di Roncigliano-Cecchina, gli stabilimenti della Procter&Gamble, della Johnson &Johnson, le vicine centrali elettriche alimentate ad olio vegetale di Pomezia ed Ardea, la mega-discarica di amianto a Valle Caia-Solfarata, tanto per citarne alcune. 
Anche per la stessa discarica della ECOFER, che tratta 'rifiuti speciali pericolosi' come il car-fluff (derivato dal disfacimento delle vetture auto) ci fu a suo tempo nel 2003 un'autorizzazione 'a sorpresa', sempre in barba alla cittadinanza. Anche all'epoca si vennero a creare proteste, ma si rassicurò che il sito (un ex-cava di pozzolana) sarebbe stato provvisorio...Siamo nel 2013 e a tutt'oggi la discarica della Falcognana continua ad ingoiare, pur con dovuti accorgimenti e precauzioni, nonostante sia ultimamente finita nel mirino di accertamenti, ma pare solo di ordine fiscale. Eppure secondo il recente Decreto Bondi del 2010, questa zona dell'Agro Romano è 'paesaggisticamente vincolata' nel tratto che va dalla Laurentina alla via Ardeatina. “Quello che è avvenuto negli ultimi giorni- secondo quanto affermato da Alessandro Lepidini a Piazza SS.Apostoli, -” è un problema serio, per il quale Sottile ha dimostrato la propria incompetenza, inadeguatezza e superficialità, e continua ad avere la fiducia del Ministro. La cosa più grave in termini di incompetenza è avvenuta quando ha detto che si poteva mettere assieme il car-fluff con il rifiuto solido urbano trattato. Il fatto grave è che questa cosa non si può fare. Perchè c'è un decreto legislativo, il 30.6.2003 di cui all'art. 6, che lo nega. Non ci fanno sapere niente, tutto è nascosto e c'è assoluta opacità. Quando abbiamo chiesto dove si tenevano gli incontri non ce l'hanno detto. Nascondono. Ma non ci sono segreti di Stato sulla salute della gente. La salute della gente è un diritto e ci vuole la massima trasparenza. Ma la cosa più grave, che pochi sanno, è che quando il prefetto Sottile ha consegnato la sua relazione tecnica- un documento riservato-in questa relazione chiede dei poteri straordinari per reprimere la protesta di Falcognana! E' scritto nero su bianco: chiede dei poteri extra-ordinem. Questa cosa è un pericolo per la democrazia!. Così, al termine degli interventi in piazza del dopo corteo, il Comitato No Discarica Divino Amore ha annunciato la nascita di una nuova 'Primavera' di Roma, in occasione della quale la presente Assemblea Costituente per l'Ambiente e la Difesa dei Diritti, sorta da poco, chiederà a stretto giro di giorni le dimissioni del ministro Orlando, dietro diretta istanza inoltrata al presidente della Repubblica e del Consiglio.
E intanto un dubbio sorge spontaneo e sospetto. Se, come già annunciato dalle cariche amministrative, le 1200 tonnellate di rifiuti urbani capitolini prenderanno la destinazione del Nord d'Italia (opposizione dei cittadini locali permettendo), se gran parte degli stessi sono già regolarmente spediti in Abruzzo e in parte nella discarica di Roncigliano-Cecchina, che senso avrebbero quindi le 300 tonnellate nella discarica di Falcognana? Ma soprattutto: c'è veramente la volontà di risolvere il problema con una sana differenziata, col riciclo delle materie prime,o invece si vuole continuare ad evacuare il marcio altrove ed ingrassare i profitti di pochi? Evidentemente non frena neppure il progetto colata edilizia prevista dai vari palazzinari del tipo Caltagirone Parsitalia nel vicinissimo quadrante S.Maria delle Mole-Gotto D'Oro, quantomai allertati di dover costruire accanto ad una comunque futura Malagrotta-bis. O forse ragionano tutti come il ministro della salute, per il quale gli abitanti di Taranto sia ammalano per le troppe sigarette e non per la vicinanza dell' ILVA (stesso discorso fatto nei confronti dei cittadini campani vicini alle discariche). E non c'è limite a certe abnormi assurdità, come l'idea del sindaco (ma prima di tutto medico) Marino, per il quale una volta chiusa Malagrotta, tutta la discarica sarà trasformata in un enorme parco con 100mila alberi!. Dimenticandosi che attorno continuerà a funzionare l'inceneritore di rifiuti ospedalieri, quello attualmente spento di Manlio Cerroni, la centrale elettrica a biogas, eppoi la grande raffineria. Dimenticandosi che, conti alla mano, per tappare i miasmi della discarica di Malagrotta servirà un 'capping' di temporanea copertura per la stabilizzazione dei rifiuti e del biogas per almeno dieci anni ed uno successivo pesante di assestamento definitivo per altrettanti (minimo) dieci anni.
                                                                 (elena.taglieri@gmail.com)

  •  VIDEO  del Corteo 21 settembre 2013 a ROMA






(Questo articolo è stato pubblicato su "Il Giornale del Lazio" (uscita del 25.09.2013), scaricabile presso il seguente link: Il caso Falcognana tra sacro e profano: la (mala) gestione dei rifiuti di Roma per il post-Malagrotta
 (oppure clicca direttamente sull'immagine)











































martedì 16 luglio 2013

La L.I.P. (Legge di Iniziativa Popolare) sulle centrali a biomasse/biogas: “innocue”?. Mica tanto. Ecco di cosa si tratta veramente (di Elena Taglieri)

(Corteo a Ponticelli (LU)
Con la stessa velocità con cui stanno proliferando negozi di sigarette elettroniche sull'onda di una improvvisa campagna salutista, assistiamo parallelamente e quasi paradossalmente ad un' impennata di autorizzazioni a go-go di centrali a biomasse/biogas per la produzione di energia elettrica e 'bio'carburante. Alcune in fase di verifica (come a Velletri, Pomezia, Ariccia,) una approvata a Pontinia, altre in discussione ad Aprilia. Il tutto grazie ai decreti legge rilasciati ad hoc dal Ministero per l'Ambiente (come nel caso del 'salva ILVA 'di Taranto) finalizzati ad incentivare una 'green economy', che di verde e di bio possiede solo l'intestazione, tanto per indorare la pillola agli ignari (la maggioranza di noi). Grazie soprattutto ai milioni di euro elargiti dal GSE (il Gestore nazionale dei Servizi Energetici) tramite i cosiddetti 'certificati bianchi' al posto dei pregressi certificati 'verdi', volti a creare una filiera industriale e quindi la ripresa di sviluppo economico in una nazione, come la nostra, ormai al collasso.
Nessun accenno, però, viene spiegato circa le reali conseguenze sulla salute e sul comparto agroalimentare derivanti dalla nocività di tale tecnologia.
Si utilizzano termini tecnici ed asettici, come 'digestione anaerobica' (in assenza d’aria) delle biomasse per produrre biogas (metano e altri gas), siano esse da FORSU (frazione organica dei rifiuti solidi urbani) o da qualsiasi altro organico, omettendo la realtà per cui, in presenza di ogni combustione, vengono immessi inquinanti nell'atmosfera, scarti inquinanti liquidi e solidi nei terreni (per i quali occorrono speciali discariche) ed un ulteriore innalzamento dell’effetto serra.
Vediamo dunque nel dettaglio.
Tra quelle volatili nocive e/o irritanti, le sostanze emesse sono principalmente costituite da Mercaptani, aldeidi, alchilsolfuri, idrocarburi alifatici, acidi grassi. Quelle più pericolose comprendono gli idrocarburi clorurati e aromatici (benzene) fondamentalmente cancerogeni.Le emissioni inquinanti gassose, pre-post combustione, che nei progetti delle centrali sono definite semplicente come “trascurabili” sono in realtà costituite da molecole organiche (espresse come COT, limite150 mg/Nm3) inglobate nel particolato e in particolare nelle nanopolveri (meno di un micron).
Per una legge rimasta indietro di trent’anni, e che nessuno vuol modificare alla luce delle più moderne e recenti scoperte scientifiche, i limiti sono rimasti ancora fissati al solo particolato più grossolano (PM10: limite 10mg/Nm3), quello bloccato dai filtri. Non esistono (né sono stati ancora inventati) filtri capaci di fermare totalmente le nanoparticelle, che invece riescono a penetrare nelle cellule ed a sedimentarsi nei grassi, non essendo idrosolubili.
Ma ci sono anche altre sostanze liberamente presenti, tra queste: l’ossido di carbonio, potente veleno del sangue, capace di inibire l'emoglobina (CO limite 800mg/Nm3), che pur minimizzato da catalizzatori ossidanti non raggiunge mai quota al di sotto dei 500-650 mg/Nm3, gli ossidi di azoto (NOx limite 500mg/Nm3) i cui valori sono sempre vicini se non superiori ai limiti massimi e per impianti ≤1mega watt sono ben 35kg/giorno (la quantità di emissioni che corrisponde ai fumi prodotti da 10.000 automobili che in un giorno percorrono una distanza di 20 km), eppoi ancora ammoniaca, l’idrogeno solforato (H2S). (Secondo l’International Energy Agency - IEA Bioenergy - i biogas da biomasse contengono in media intorno a 10.000 ppm di H2S e circa 200 ppm di ammoniaca). Pressocchè inutili, quindi, i desolforatori usati negli impianti , poiché viene bloccata solo una parte di gas solfidrico( costituito da solfuri metallici), che poi viene smaltita come residuo solido tossico .
Tra i liquidi e i solidi di scarto abbiamo invece i percolati, costituiti da alte percentuali di azoto ammoniacale, metalli, salinità. Tutti gli impianti a biomasse-biogas riciclano sulla massa in digestione parte dei percolati, con il risultato che quello che viene ottimisticamente definito “compost di qualità” è una bomba chimico-biologica sparsa nei terreni agricoli, contenente tra l'altro i pericolosissimi batteri termoresistenti della famiglia Clostridium, per intenderci, quelli del botulino e del tetano.
(Presidio del 13 febbraio 2013 a Santa lucia di Fonte Nuova (RM)
Ma l’impatto più devastante verrebbe dagli impianti che utilizzano anche organico da FOS (Frazione Organica Stabilizzata): nulla di 'stabilizzato', perchè l’organico proviene da TMB (Trattamento Meccanico Biologico), procedimento in antitesi a quello proprio della raccolta differenziata porta a porta, in quanto costituito da materiale inquinante non differenziato (tra cui anche vernici, olii industriali, residui non biodegradabili, etc) che confluisce nel percolato e successivamente nel cosiddetto digestato. Va da sé che fare compost da quel tipo di digestato non è solo un atto scientificamente sconsiderato ma anche eticamente doloso, tanto quanto re-immetterlo in discarica.
Qualcuno azzarda la soluzione magica di una depurazione attraverso la 'filtrazione per osmosi' dei percolati eccedenti, ma neppure così può risolversi il problema del ritenuto osmotico (in genere pari al 25-30%) dal momento che trattasi di un vero e proprio rifiuto speciale tossico da smaltire in discariche speciali, assieme ai filtri e biofiltri esausti impregnati di sostanze tossiche prodotte durante la digestione/combustione.
(striscione contro la centrale a biomassa ad Orvieto)
Un ultimo aspetto riguarda gli ossidi di azoto e il monossido di carbonio, che al pari dell’anidride carbonica hanno un impatto serra considerevole. E' solo demagogico e fuorviante continuare a parlare di “impatto zero” ( cioè che ’lanidride carbonica emessa sarebbe uguale a quella catturata dalle piante da cui proviene l’organico) del compostaggio anaerobico: il vero compostaggio è solo quello aerobico, che non produce gas serra e mantiene il carbonio e l’azoto in forma organica, indispensabile per la sopravvivenza delle piante e della vegetazione, nonché di tutta la catena alimentare,che finisce inevitabilmente a ripercuotersi sull'essere umano e quindi anche sulla sua salute.
E proprio per questo motivo, un altra fonte di preoccupazione riguarda la filiera necessaria a foraggiare le centrali a biogas/biomassa, al fine di produrre 'biocarburanti' ed energia elettrica. Il materiale organico da esse utilizzato è in realtà costituito da prodotti agricoli propri del sostentamento umano ed animale. E così, per garantire il funzionamento di questi impianti, in Europa e nel mondo appositamente dedicate vaste aree per la coltivazione mais, colza, girasole, barbabietola da zucchero. Così, per coltivare campi che producano queste materie prime da utilizzare come “biocarburanti” per motori a benzina e diesel, in definitiva si sacrificano terreni preziosi all’agricoltura alimentare, specialmente in quelle zone del cosiddetto 'terzo mondo', nelle quali imperversa la carestia, la malnutrizione, la siccità ed una globale mancanza di acqua per le popolazioni locali.

Di pari passo anche la deforestazione di migliaia di ettari di terreni, da impiegare per la coltivazione di palma da olio, cartamo e la canna da zucchero, con la inevitabile conseguenza sull'ambiente in quanto ad aumento dell'effetto serra, proprio dovuto alla penuria di vegetazione, e quindi alla desertificazione, rischi idrogeologici compresi.
E allora vale la penna meditare, prima che imprenditori pseudo-ecologisti riescano a far varare un disegno di legge di iniziativa “popolare” (?)che però sottende solo profitti, contro ogni osservanza del principio di Precauzione, al quale ogni sindaco ed ogni amministratore deve attenersi.
Lo spieghi senza veli l'Amministrazione Comunale di Aprilia alla cittadinanza,“prima del 15 luglio e non oltre il 30 luglio 2013”, secondo quanto proposto dal M5S alla consigliera Ornella Pistolesi: un incontro pubblico “aperto alla popolazione, ai rappresentati di Rifiuti Zero-Zero Waste” per spiegare veramente dove vuole andare a parare questa L.I.P.
                                                                                  (elena.taglieri@gmail.com)




giovedì 4 luglio 2013

GOOD NEWS- CONTO ALLA ROVESCIA PER FESTEGGIARE A COLONNA L'ANNULLAMENTO DELLA CENTRALE ELETTRICA AD OLIO VEGETALE !! (di Elena Taglieri)



(l'articolo apparso su "Il Messaggero"-giugno 2013)
Era stata già anticipata su “Il Messaggero” la notizia che EDOVIT Srl avrebbe rinunciato al progetto autorizzato già da un anno, di costruire una centrale elettrica alimentata ad olio vegetale nel comune di Colonna, proprio perchè alla fine è prevalsa l'intensità con cui cittadini di Colonna e comuni limitrofi hanno portato avanti civilmente una battaglia portata avanti a suon di volantinaggio e informazione capillare alla popolazione, anche in condizioni meteorologiche avverse.
  Giorni e notti spesso spese a stilare lo statuto che desse vita al “Comitato per la Difesa territoriale”, (che da aprile era inizialmente denominato comitato 'No-Centrale Colonna'), a scrivere comunicati, a raccogliere documentazione per capire come procedere. Infine l'assemblea del 30 maggio 2013.
(Volantino del Comitato di Difesa territoriale per l'assemblea del 31 maggio 2013 presso il Comune di Colonna-clicca sull'immagine per ingrandirla)

E così la notizia di un annullamento della centrale è più che mai certezza tangibile.
In attesa di poter leggere il contenuto del testo definitivo ed ufficiale della Determina Dirigenziale n.3055 dell'11.06.2013, della Provincia Di Roma, il Comitato per la Difesa del Territorio può essere fiero di aver raggiunto una vittoria, ottenuta con le sole forze, impegno e speranza di cittadini che lo hanno costituito.
(il sito della Provincia di Roma con gli estremi degli impianti  autorizzati. Sotto, particolare della Determina di annullamento della Centrale ad olio vegetale prevista a Colonna)

Come per Guidonia, si è scongiurata per il momento un'altra offesa ad un territorio a forte vocazione agrituristica ed agroalimentare.
Tutto ciò però non significa archiviare la faccenda ed appendere 'il cappello al chiodo': occorre monitorare qualsiasi possibile iniziativa analoga, anche a pochi chilometri,così da poterla fermare in tempo.
COUNT-DOWN!! Cominciando a pensare di brindare!!!

                                                                                                               (elena.taglieri@gmail.com)

(Per conoscere la cronistoria della centrale:
http://risvegliatialpuntozero.blogspot.it/2013/05/colonna-centrale-ad-olio-parte-seconda.html






  

giovedì 27 giugno 2013

AUTORIZZATI I PERMESSI DI RICERCA GEOTERMICA NEI CASTELLI ROMANI E NEL LAZIO: PERICOLOSO 'EFFETTO GROVIERA' IN UNA REGIONE CON CRICITA' SISMICA, RADON E ARSENICO NELL'ACQUA ( di Elena Taglieri)

(Centrale geotermica-clicca per ingrandire l'immagine)
Nel florilegio di progetti presentati per la realizzazione di centrali elettriche alimentate dalle cosiddette fonti rinnovabili, stanno approdando da qualche anno anche quelli per l'utilizzo dell'energia geotermica.
Mentre al livello mondiale il primato per la produzione geotermolelettrica viene tenuto dagli USA, seguiti da Filippine, Indonesia, Messico, in Italia. attualmente le regioni con il maggiore utilizzo di energia geotermica sono il Veneto (38%), la Toscana (23%) e la Campania (10%).
Proprio la Toscana, balzata alla cronaca di questi ultimi giorni a causa del violento terremoto subìto, è storicamente nota per gli impianti geotermici (oltre 30, in particolare nel Larderello) che, con potenza di 800 MW e produzione energetica superiore a 5000 GWh, rappresentano circa un quarto dell'energia elettrica consumata nella medesima regione.
Nel Lazio sono previste soprattutto nel Viterbese, in provincia di Roma nord, interessando anche porzioni della stessa Capitale , ma anche una vasta area dei Castelli Romani .
Tutte le società proponenti hanno richiesto pareri alla Regione Lazio inoltrando istanze denominate “Permesso di ricerca di fluidi geotermici”, ottenendo (tranne alcune) l'esclusione dal procedimento di V.I.A. (la preziosa Valutazione di Impatto Ambientale), in certi casi con qualche prescrizione da osservare.
Si tratta almeno per adesso di ispezionare territori ampi ma anche circoscritti, per studiare il cosiddetto “gradiente geotermico”. Ma in realtà di cosa si tratta? L'energia geotermica deriva dal calore incamerato all'interno della crosta terrestre, che aumenta di temperatura in base alla profondità della stessa (di circa 3 gradi C° per ogni 100 metri di profondità), ed è appunto definito gradiente geotermico Questo fenomeno sotterraneo genera a sua volta un riscaldamento di acque e vapori che risalgono in superficie sottoforma di soffioni, geyser, fumarole, emissioni gassose, in modo spontaneo o venendo captati e convogliati nei pozzi geotermici. Quando il vapore raggiunge i 150°-250° viene fatto risalire artificialmente in superficie mediante trivellazioni del suolo e incanalato nelle tubazioni (vapordotti), inviato ad una turbina che trasforma il tutto in energia meccanica di rotazione. Il vapore che ne fuoriesce viene riconvertito allo stato liquido in un condensatore, mentre i gas incondensabili immersi nell'atmosfera si disperdono in essa.
L'acqua condensata viene invece utilizzata re-iniettandola all'interno dello strato roccioso da cui è stato precedentemente estratto il fluido geotermico.
 
(Fenomeno geotermico e falda acquifera- clicca sull'immagine per ingrandire)
La normativa giuridica italiana prevede che questa risorsa (sia nella fase di esplorazione che di 'coltivazione') non appartiene al proprietario dei suoli o di chi è interessato all'aspetto economico dello sfruttamento della medesima, ma è di proprietà statale, come le altre risorse minerarie. Pertanto il tutto è disposto in regime di concessione, mentre secondo il D.Lgs 31 marzo 1998 n.112 i permessi di ricerca e di coltivazione di fluidi nel sottosuolo sono delegate alle regioni: pur restando patrimonio indisponibile dello Stato, la loro gestione (canoni devoluti dai titolari dei permessi e delle concessioni, come pure i contributi per la produzione di elettricità) sono interamente devoluti alle regioni.
Viene quindi da chiedersi se esista una correlazione tra questa prolifica sventagliata di progetti (e relativi permessi approvati senza V.I.A.) nella prospettiva di probabili future centrali geotermiche a media-alta entalpia e la cronica crisi economica di budget che la nostra Regione si ritrova ad affrontare ad ogni cambio di consiliatura, fino a tutt'oggi.
Una correlazione certa, invece, sembra esistere osservando la mappa delle temperature della crosta terrestre dell'intera Europa confrontandola con quella della mappa di criticità sismica italiana, osservando particolarmente il Lazio. Inoltre, i dati preoccupanti sulla presenza di radon e arsenico nel Viterbese e specialmente nella zona dei Castelli Romani, come pure i fenomeni tellurici (seppure di contenuta entità) avvenuti nel corso degli ultimi anni e di recente, confermano quanto sia difficile e rischioso trasformare il nostro territorio regionale in una sorta di 'groviera', ben sapendo che il sottosuolo profondo può riservare impreviste e poco piacevoli sorprese, tanto più andare a stuzzicare aree a vulnerabilità idrogeologica e comunque predisposte a fenomeni di sismicità.
Ricordiamoci infatti che il vulcano Albano, seppur quiescente, viene annoverato tra i 7 vulcani attivi, secondo la comunità scientifica mondiale, INGV compreso.
Ed è proprio nel territorio dei Castelli Romani che sono stati autorizzati per il momento ben due permessi di ricerca per fluidi e risorse geotermiche, con esclusione di V.I.A., entrambi da due società distinte, ma lontane geograficamente dal nostro territorio, evidentemente ignare (?) delle criticità ambientali presenti in loco: il primo (presentato nel 2011), denominato “Moletta”, proviene dalla ITERNA Srl (una società con sede a Frosinone) che, con prot. n. 008292 del 10 gennaio 2012 ha visto confermata la ricerca per “...trovare potenziali serbatoi geotermici a media entalpia, con temperature attese di circa 120°-140° C, da sfruttare per la produzione di energia elettrica (…) unitamente allo sfruttamento dei sistemi acquiferi profondi presenti nel substrato roccioso attraversando gli acquiferi dolci più superficiali senza significative interazioni con questi ultimi e senza attivare interconnessioni fra acquiferi superficiali e acquiferi profondi”. Il progetto ricade in un'area di 15 Kmq comprendendo i comuni di Ariccia, Albano Laziale e Genzano di Roma, fino al settore meridionale del Lago di Albano e ad ovest del Lago di Nemi. Tale richiesta di verifica è stata pubblicata sul BURL N.26-parte terza- del 14 luglio 2011.
Il secondo progetto (proposto il 7 marzo 2012), denominato “Colli Albani” (o anche “Lago di Albano”), è della società TOMBELLE Srl (con sede a Lana in provincia di Bolzano), che, con determinazione N. A03582 del 24.04.2012, ha ottenuto il permesso di “...identificare i siti potenzialmente adatti per lo sfruttamento delle risorse geotermiche a medio- alta entalpia (fluidi geotermici utilizzabili a scopi industriali), perforare pozzi produttivi con profondità di circa 2000- 3000 metri, con l'obbiettivo di reperire fluidi geotermici con temperature maggiori di 100°C, sfruttare il calore del fluido e reiniettarlo raffreddato di nuovo nel sottosuolo attraverso pozzi appositi”. Il tutto in un'area di 84,6 Kmq, ubicata nel territorio compreso tra i Colli Albani e la città di Roma, nella quale i comuni interessati risultano essere Roma, Marino, Castel Gandolfo e Albano Laziale. Un territorio nel quale sono presenti aree soggette a tutela paesaggistica e due Riserve Naturali regionali (Riserva Naturale del Laurentino-Acqua Cetosa” e Riserva Naturale di Decima Malafede), lambendo anche parti limitrofe al Parco dell'Appia Antica e della Caffarella. La richiesta di verifica per questo progetto è stata pubblicata dapprima sul BURL N.13-parte III-del 7 aprile 2011 e a distanza di un anno sul BURL N.9 -parte terza- del 7 marzo 2012.
(Progetto di ricerca geotermica "Lago Albano" della TOMBELLE SRL- clicca sull'immagine per ingrandire
 Suona particolarmente inquietante la modalità con cui verrebbero intercettati i potenziali serbatoi geotermici al fine di ubicare i pozzi esplorativi: mediante prospezioni geoelettriche e di sismica a riflessione, per dettagliare le strutture geologiche e le faglie esistenti presenti nel sottosuolo, creando artificialmente 'profili sismici'.
In che maniera? ITERNA Srl, per esempio, utilizzando il 'Vibraseis', consistente in una piastra vibrante appoggiata al terreno, con cui propagare un impulso di intensità pari a 8-100Hz e di 15-20s di durata.
Analogamente TOMBELLE Srl, utilizzerebbe una fase di prospezione di tipo Magnetotellurico (MT) o di rilievo (TDEM), basato sull'induzione nel suolo di correnti elettriche, generando un conseguente campo magnetico che induce nel sottosuolo correnti parassite.Il tutto, tranquillizzano le società suddette, “...sarà scelto in modo da mantenere le distanze di sicurezza da eventuali abitazioni”, mentre “le perturbazioni attese si verificano nell'immediato sottosuolo entro una ventina di metri dal punto di eccitazione”. Eppure secondo Francesco Mulargia e Silvia Castellaro del Dipartimento di Fisica dell'Università di Bologna, la produzione di energia geotermica stimolata è ipotizzabile solo in zone in cui il rischio sismico è basso (Ungheria, Francia, Spagna), mentre in Italia la zona più plausibile risulta essere il Campidano, in Sardegna, “dove le temperature a 1000 metri di profondità sono di oltre 100 gradi e la sismicità è virtualmente nulla”. Gli stessi (autori della pubblicazione 'Geotermia stimolata e rischio sismico: un compromesso difficile',) sostengono, infatti, che nel momento in cui si estrae calore “creando in profondità (mediante iniezione di fluidi) un sistema di fratture attraverso le quali si fa circolare acqua fredda, estraendo acqua calda e vapore”, se ciò viene effettuato in zone sismiche può comportare l'induzione di terremoti anche di grande portata. Tale è infatti un effetto indesiderato del pompaggio d'acqua in sistemi di faglie preeesistenti, poiché “gli stress sono sempre compressivi ed hanno sulle componenti orizzontali valori rispettivamente fino a 2 volte il carico verticale in zone asismiche e sino a 4 in zone sismiche”. E “considerando che la fagliazione avviene solo per carichi di taglio, l'introduzione o la rimozione di fluidi crostali (geotermici) in generale provoca terremoti in tutte le zone in cui esiste fagliazione attiva”.
Esiste però un altro serio inconveniente legato all'individuazione di serbatoi geotermici, sia nella fase di ricerca che in quella di individuazione mediante perforazione di pozzi profondi: il fenomeno della subsidenza ,cioè il lento spostamento del livello superficiale del suolo: il fenomeno può verificarsi anche in seguito a perforazione, non solo dei pozzi superficiali (per ricercare il gradiente geotermico), ma anche dei pozzi di esplorazione e produzione (N. Graniglia, 2011)
Nel progetto di TOMBELLE Srl, (ma anche di progetti simili di altrettante società) colpisce il rassicurante ottimismo un po' ipotetico della frase “...a causa della bassa profondità del pozzetto e della presumibile impermeabilità dei terreni attraversati non si ritiene realistica la possibilità di intercettare gas geotermici (Co2, H2S)”.
Tra le prescrizioni presenti nella Determina regionale di Tombelle Srl, difatto oltre al dover rispettare la distanza di almeno 200 metri dalle abitazioni, viene menzionato di “eliminare qualsisasi richio dovuto all'emissione di gas nocivi o ad eruzioni incontrollate dal pozzo”, mentre “durante la perforazione dovrà essere garantita oltre alla protezione dall'inquinamento delle possibili falde dai possibili fanghi utilizzati,” tra cui anche “l'isolamento idraulico tra gli eventuali acquiferi attraversati”.
Dunque, la reale possibilità di contaminazione aerea e idrica non viene messa in discussione, bensì auspicata con la migliore intenzione tecnologica (ma comunque di certo non esclusa),sia nella fase di ricerca (individuazione delle risorse geotermiche) che di emungimento (specialmente nella fase industriale). Ecco quindi delinearsi un altro aspetto rischioso: la presenza nei fluidi geotermici di composti chimici tossici e letali quali il RADON, l'arsenico, mercurio e fluoro, oltre ad una minima percentuale di gas incondensabili (Biossido di carbonio e Idrogeno solforato), capaci di sprigionarsi una volta immessi nell'atmosfera e disperdersi nella falda acquifera, contaminandola, nel caso ne venissero in contatto.
Va da sé che la seconda possibilità è davvero reale se pensiamo che proprio a causa della sismicità indotta artificialmente e dal fenomeno della subsidenza, un pericolo di franamento delle faglie ed abbassamento di quelle freatiche contenenti acqua potabile, davvero non offre una prospettiva rosa, in un territorio come quello castellano e viterbese, nel quale tra l'altro ha visto aumentare vertiginosamente i livelli di arsenico nell'acqua e di altri composti tossici.
A questo punto occorre capire quanto dialoghino tra loro i vari dipartimenti della Regione Lazio e quanto questo Ente sia consapevole di emettere provvedimenti e decreti in contrasto tra loro.
In proposito conviene rammentare il D.G.R. n.785 del 31.10.2006, con cui si è ratificato il “Protocollo di intesa -quadro per la tutela del bilancio idrico degli acquiferi vulcanici e costieri” ricompresi nel territorio dell'Autorità dei Bacini regionali del Lazio (sistema acquifero dei Colli Albani, Bacino delle Acque Albule-Area Tivoli Guidonia; Tutela del lago di Bracciano e territori limitrofi-Monti Sabatini; Tutela del Lago di Bolsena e territori limitrofi-Monti Vulsini,Cimini e Vicani, Monti Lepini, Ausoni, Aurunci e aree costiere del Lazio Meridionale) ed il più recente PTQ Piano di Tutela Quantitativa del Sistema idrogeologico dei Colli Albani, del 19 marzo 2012, che costituisce una variante al Piano Regionale di Tutela delle Acque (P.T.A.). Difatto, da un parere motivato di V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) della Regione Lazio emesso in data 7.06.2011 (prot. n. 245605), “dalle risultanze degli studi effettuati dall'Autorità dei Bacini Regionali del Lazio e dall'Autorità di Bacino del Fiume Tevere emerge che il bilancio dei sistemi idrogeologici vulcanici e in particolare dei Colli Albani risulta in varia misura alterato dai prelievi, con preoccupanti effetti sulla quantità della risorsa idrica e che l'attuale regime dei prelievi sta determinando un fenomeno di progressivo abbassamento dei livelli idrometrici del Lago di Albano e di Nemi, con grave danno ambientale”.
(Area archeologica dell'Appia Antica nel progetto di ricerca geotermica della TOMBELLE Srl- clicca sopra per ingrandire)
Un sistema idrogeologico dei Colli Albani nel quale risulta notevole l'entità degli squilibri tra disponibilità delle risorse e prelievi. Come si legge nella Relazione Tecnica allegata al PTQ, “Il letto dell'acquifero Albano è costituito dal basamento argilloso, alternato a strati metrici di sabbie marine. Questa sequenza costituisce il livello impermeabile di base per la circolazione delle acque che saturano i Colli Albani. Localmente possono essere presenti sistemi di fratture o faglie, come nelle aree limitrofe alla costa, o quelle presenti nel settore Santa Palomba o di Ciampino-Marino, che permettono la risalita dei gas e, secondo alcune ipotesi, di fluidi caldi dal basamento mesozoico. (…) Si deve considerare che al di sotto delle emergenze in alveo, per esempio lungo il Canale delle Acque Alte, in alcuni tratti del Fosso Spaccasassi, lungo il Fosso di Malafede e nell'area del Fosso dell'Obago-Fosso di San Vittorino, esistono significativi travasi sotterranei verso e dagli acquiferi adiacenti. Viene infine sottolineato che sulla base di tale documentazione, le norme di attuazione del PTQ Albani vincolano Province, Enti Locali, soggetti pubblici e privati che a qualunque titolo compiono attività da esso disciplinate.
Risulta quindi allarmante la possibilità non molto remota che in un territorio in così grave criticità la falda idrica attraversata dalle perforazioni possa venire a contatto con il serbatoio geotermico, subire ulteriori perdite ed essere inquinata dai medesimi fluidi. Incidenti possibilissimi, come del resto si è verificato nella stessa Toscana, conseguentemente all'attivazione della Centrale “Bagnore3”, quando l'acquifero è sceso al minimo storico e proporzionalmente è aumentato il massimo delle concentrazioni di arsenico (Il Cambiamento, 9 aprile 2013).
Allo stesso modo, per quanto concerne le emissioni in atmosfera dei gas incondensabili presenti nei fluidi geotermici (che contaminano ugualmente il suolo e la flora/fauna ritornandovi sottoforma di umidità e pioggia) bisogna fare i conti con analoghe norme attuative contenute nel “Piano di Risanamento della Qualità dell'Aria”, deliberato dal Consiglio Regionale del Lazio (n.66 del 10 dicembre 2009),nel quale si dichiara “...che dai risultati della qualità dell'aria, dal 2005 ad oggi emerge che nel territorio regionale permane una generale situazione di criticità, con localizzati superamenti dei valori limite per gli inquinanti PM10 e biossido di azoto “.
E' infatti riconosciuto come i vapori rilasciati nell'atmosfera interferiscano anche sulla temperatura (incrementando anche l'effetto serra), mentre le sostanze tossiche come arsenico e mercurio, seppur filtrati (ed i filtri debbono comunque essere smaltiti...), potrebbero rientrare in eventuali valori massimi stabiliti dalla Regione, magari con il solito meccanismo di aumento delle deroghe, o anche non riferibili alla tutela sanitaria e ambientale, bensì ai limiti tecnologici relativi alle “migliori tecniche disponibili”, come accaduto in Toscana (DGR.344/2010) .
Alla luce di tutto ciò, considerando che il distretto dei Castelli Romani-Monti Prenestini è ricompreso nella zona a rischio 2 di sismicità, alle Amministrazioni coinvolte in questi progetti presenti e futuri conviene seriamente riflettere sulla realistica possibilità che un 'effetto domino' di tipo tellurico o di dissesto idrogeologico giunga ad un punto di non ritorno ambientale, con inevitabili conseguenze di aggravio economico-sanitario locale, regionale e in ultimo statale.
                                                                            (elena.taglieri@gmail.com)